PASSATO, PRESENTE E FUTURO: IL TEMPO SECONDO IL DESIGNER

Andrea Grossi, designer menswear classe 1996, laureato al Polimoda e finalista del prestigioso Festival Internazionale di Moda di Hyères si è fatto notare nel corso del 2020 per le sue creazioni sceniche e può già vantare importanti collaborazioni: Chanel, Chloè, Ecco leather, Swarovski, Premiere Vision, Fashion Open Studio e PuntoSeta.Lo abbiamo incontrato e ci ha raccontato della sua visione del futuro, del suo eterno amore per i videogame e della sua concezione di moda come risposta ai bisogni della società.

Raccontaci un po’ di te, del tuo percorso. Come Andrea Grossi è diventato Andrea Grossi?

Sono originario di Reggio Emilia, mi sono laureato al Polimoda di Firenze nel 2019. 
Poi sono entrato in Diesel come designer, mi sono iscritto a Hyères con una collezione solamente disegnata e sono entrato tra gli ultimi dieci finalisti.
A questo punto ho realizzato una collezione molto scenica e sperimentale, finanziata in buona parte appunto da Hyères che mi ha fornito tessuti, campionatura, collaborazioni con Chanel, Chloè.

Un bel punto di svolta. Era una collezione lontana dal tuo stile ordinario?

No, non particolarmente, solo era una collezione davvero molto scenica, non pensata per un campionario e uno showroom.
Ho sperimentato, mi sono divertito, ho imparato molto ma non è cresciuto come progetto indipendente. Magari lo diventerà, non lo escludo, ma per ora vorrei entrare in azienda. Per una collezione ci vuole budget, ci vogliono materiali e strumenti e non è semplice realizzare un progetto indipendente. Da soli è molto più difficile.
Quando ci sarà una nuova collezione sarà molto più commerciale, pensata per la vendita.

Quindi sei al lavoro su una nuova collezione?

Il progetto ovviamente c’è, ma non è così immediato.
Sarà sicuramente più orientata al ready-to-wear, di questo sono sicuro, ma comunque sperimentale. Mi sono concentrato sulla sostenibilità e sto cercando di implementare un sistema per la creazione del tessuto molto particolare, restando focalizzato sul mio obiettivo di creare pezzi semplici, vendibili, che la gente vuole. Capi cool ma con una grande artigianalità.
Voglio proporre un prodotto nuovo ma con un motivo, un significato e una storia per avere la giusta competizione con i maggiori brand del lusso.
Voglio creare una sorta di coniugazione tra savoir faire della tradizione artigianale del Centro Italia e sperimentazione tecnica: usare le lavorazioni tipiche dell’industria della pelle su materiali innovativi come pelle vegetale di rabarbaro e di olive, mixare taglio laser, corrosione laser, embossing per creare effetti e volumi interessanti.

Il tuo nome si è fatto notare molto ultimamente, sei emerso con interessanti collaborazioni nel mondo dello spettacolo e musicale: come sono nate?

Sì, sono molto entusiasta di questi ultimi progetti. Sulla scena italiana ho avuto buoni riscontri, ho lavorato con Achille Lauro grazie alla mia precedente agenzia PR e Nick Cerioni, il suo stylist. 
Ho collaborato spesso con Ramona Tabita e gli artisti con cui lavora e pensa che l’altro giorno ho avuto un contatto con Laura Pausini.
Per l’estero ho conosciuto Grimes, moglie di Elon Musk, che è super cool, e ho collaborato con numerosi rapper americani e tantissimi personaggi del mondo queer. A livello di immagine e press sono molto soddisfatto del mio posizionamento.

Interessante come le tue creazioni abbiano richiamato l’attenzione del Mondo Queer. La moda oggi si interroga molto sull’identità di genere e la sua espressione. Come collocheresti il tuo stile nel discorso gender?

Sinceramente, non so bene per quale motivo, ho sempre cercato di realizzare capi con un’identità gender molto specifica: molto maschili, molto manly.
Poi per mio gusto personale ho sempre cercato di mixare questa identità con stampe e rese più delicate, come la mia stampa azzurra. Devo dire che questo contrasto ha condotto ad un avvicinamento all’estetica queer. 
È stata una resa non premeditata, ma sicuramente condizionata anche dalle innumerevoli influenze che ho subito al Polimoda, tra insegnanti e colleghi.
I due mondi da cui percepisco più interesse nei confronti del mio stile sono sicuramente il mondo queer e quello della generazione Z, giovane, più legato all’hip-hop in stile Hypebeast.

Le tue collezioni Welcome to Deusland Season 1 e Welcome to Deusland Season 2 sembrano i due capitoli di una stessa saga. Com’è nata questa idea?

La mia prima collezione era il progetto finale al Polimoda ed era ispirata ad un libro dello scrittore israeliano Yuval Noah Harari. In verità si tratta di una trilogia, Homo Deus. Fin dall’inizio il mio progetto era proprio quello di creare tre edizioni della collezione, ricalcando la struttura di quest’opera e traendo ispirazione dalle sue analisi e riflessioni. Il primo libro studia il passato e la storia dell’umanità, il secondo si concentra sul futuro, sugli obiettivi della società e sulla direzione verso cui tende. Il terzo e ultimo libro cerca di trovare domande e buone soluzioni a varie problematiche della nostra società. In pratica il passato, il futuro e il presente.

Il passato, il presente e il futuro. Sono richiami continui nella tua estetica, sembra quasi il filo rosso che collega ogni tua reference. In primis la tua stampa azzurra, ormai iconica.

Si, questa stampa è un progetto frutto di grande ricerca. Riprende la Toile de Jouy, una stampa tradizionale del ‘600 e ‘700 che raffigura scene alto-borghesi e le ripropone su tessuto. L’ho rivisitata collocando nella stessa ambientazione elementi e personaggi della contemporaneità: la Chiesa, i protagonisti del mondo capitalistico, il McDonald’s. È come osservare la nostra società contemporanea dal futuro, un po’ complicato come discorso.

Le stampe sembrano uno strumento a cui ricorri spesso nelle tue creazioni per la resa concettuale. Mi è sembrata molto interessante la stampa del petto sulla giacca in pelle. Come creare con l’abito un layer che copre e scopre allo stesso tempo.

Sì, per me la creazione del corpo è un altro dei punti cardine del mio processo creativo. Sono molto appassionato di videogame e manga e la fase che ho sempre amato di più è la creazione degli avatar. Volevo ricreare quella dinamica e riproporre la stessa sensazione con l’abbigliamento. Per quella giacca in particolare, mi piaceva l’idea di stratificare e intravedere sotto il “nudo” un capo basico come, ad esempio, una maglia nera.

collezione season 2
Credits: Photo – Dario Cerisano / Styling – Luca Paolantonio / Make-up Sofia Foiera

Progetti per l’immediato futuro?

La mia priorità ad oggi è entrare in azienda e mi sto muovendo in questo senso. Ho ripreso contatti con Diesel e Glenn Martens per tornare a lavorare con loro; è un’azienda fantastica, investe su di te lasciandoti i tuoi spazi creativi e i tuoi tempi per poter parallelamente portare avanti altri progetti. Renzo Rosso dà molta importanza al design e in più ora c’è Glenn, che stimo molto, ha una bella energia. In più Diesel ha un heritage unico e grandissima conoscenza sul denim, settore fondamentale per il menswear. Effettivamente non ci sono molte altre realtà nel fashion con un tale know-how da cui imparare a livello tecnico.

Abbiamo parlato del tuo futuro. Come vedi invece il futuro della moda?

Al di là della moda in sé, farei un discorso più generale, sul futuro della nostra società economica. Io credo fortemente nel capitalismo e nell’innovazione che deriva dalla ricerca. Indubbiamente ci deve essere una rieducazione al consumo che punti sulla qualità e riduca le quantità. Questa responsabilità sarà in mano alle aziende che riusciranno a mettere sul mercato prodotti allo stesso tempo sostenibili e migliori. Credo che a partire dai grandi marchi e le grandi aziende del fast fashion, fino ai brand giovani e ai designer indipendenti, tutti debbano muoversi verso soluzioni orientate al raggiungimento di questo obiettivo: fibre alternative, maggiori vendite al dettaglio, upcycling. La visione è proporre una soluzione ad un problema attuale e sicuramente nessuno si potrà allontanare da questo focus per creare un progetto efficace.