Black History Month 2021: a che punto è il Fashion System con la Black Culture?

Il Black History Month, o National African American History Month, è la ricorrenza annuale volta a riconoscere e celebrare la storia afroamericana. Il tema dell’edizione 2021 è The Black Family: representation, identity and diversity. Noi ci siamo chiesti che ruolo abbia questa ricorrenza al giorno d’oggi nel settore fashion e perché, nel 2021, sia ancora di fondamentale importanza.

Facciamo un salto indietro, quando nel 1865 venne ratificato il 13esimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che abolì ufficialmente la schiavitù. Esattamente 50 anni dopo, nel settembre del 1915, il giovane Carte G. Woodson, studente laureando in Storia, fondò l’Association for the Study of Negro Life and History, oggi nota come Association for the Study of African American Life and History (ASALH), precursore dell’attuale Black History Month.

Nel 1926 Woodson e i membri dell’associazione decisero che c’era la necessità di creare un’eredità che raccontasse e celebrasse il contributo delle persone afro-discendenti e della diaspora nera, per non rendere vani tutti quegli eventi e quelle azioni che hanno contribuito alla storia della civiltà umana, in particolare quella americana. Dichiararono così quella che inizialmente si chiamava Negro History Week e che si sarebbe celebrata annualmente nella seconda settimana di febbraio, in concomitanza con i compleanni dell’abolizionista Frederick Douglass e del Presidente Abramo Lincoln. Grazie soprattutto al movimento per i diritti civili, alla fine degli anni ‘60 la Black History Week era diventata il Black History Month nei campus universitari, e dal 1976 ogni presidente, democratico o repubblicano che fosse, riconobbe il valore delle celebrazioni così che nel 1986 anche il Congresso designò l’intero mese di febbraio come il mese della Storia nazionale degli Afroamericani (Black History Month).

Da allora anche Canada, Regno Unito – e solo in seguito il resto d’Europa, tra cui l’Italia – riconoscono l’importante eredità storica della diaspora nera e il contributo nella storia degli Stati Uniti, sollecitati dalle azioni dei movimenti per i diritti civili, le associazioni studentesche ed una crescente consapevolezza.

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Credits: Botter SS20, Catwalkpictures

Dietro questa celebrazione si celano un ampio significato e uno scopo ben preciso: è la reazione all’ingiusta convinzione che le loro azioni non siano state un fondamentale contributo alla storia, la reazione ad una società razzista che ignora(va) un’intera cultura e la rappresentava in maniera distorta e fuorviante. Senza una storia e delle tradizioni una razza non esiste, ecco perchè era necessario riappropriarsi della coscienza di una partecipazione che essi hanno avuto nella fondazione e nello sviluppo degli USA, fissando un “momento educativo” di scoperta per chiunque.

L’importanza di questo evento assume dimensioni ancora più grandi nel 2021, visti i recenti avvenimenti dell’anno scorso. I movimenti di protesta antirazzisti, in primis il Black Lives Matter, contribuiscono di gran lunga ad un’impennata nella consapevolezza del BHM e all’innesco di una serie di iniziative e provvedimenti nel mondo. Ma il Fashion System, o l’industria artistica/culturale in generale, a che punto è con la Black Culture e in che modo è stato condizionato?

Di recente i brand si sono schierati apertamente a supporto del movimento BLM, guidando un empowerment della comunità afro e della black culture tramite una mobilitazione mediatica senza precedenti. Memorabili le scuse pubbliche di Anna Wintour, che ammette la sua superficialità – durata ben 32 anni – nel non aver dato rilievo a professionisti afro nel mondo editoriale di Vogue America, e che insieme a Business Of Fashion hanno indetto una call to action per supportare brand e imprenditori afroamericani di colore.

Ben lontani dal voler citare i big brand’s Creative Director o le Icon da cover patinate – interrompendo, quindi, quelle dinamiche di appropriazione solo del lato “cool” della Black Culture – è bene dare rilievo a tutte quelle associazioni che hanno come obiettivo primario l’inclusività delle persone afroamericane.

Black in Fashion Council è tra le prime organizzazioni che sono state create a riguardo. Lo scorso giugno Lindsay Peoples Wagner, caporedattore di Teen Vogue, e Sandrine Charles, esperta di pubbliche relazioni, fondano l’associazione con l’obiettivo di collaborare con le maison e responsabilizzarle in termini di diversity e inclusion. Ad oggi sono circa 70 le realtà che hanno aderito, tra brand e figure professionali, con l’obiettivo di collaborare per creare una rete di persone con lo stesso medesimo obiettivo: assicurarsi che i membri di colore del settore moda ricevano i giusti riconoscimenti, mettendo in pratica le politiche e dimostrando l’impegno nei confronti dei dipendenti black a tutti i livelli di produzione.

Non solo buoni propositi ma anche fatti: #BuyBlack è il grido social che vuole promuovere marchi emergenti e designer indipendenti della Black community. È l’iniziativa di Facebook e Instagram in occasione del BHM per ricordare l’importanza della storia afroamericana, citata in precedenza: è, forse, proprio questo il lascito culturale previsto da Woodson più di cent’anni fa. Ma è anche un ottimo modo per promuovere quel 15% di popolazione afro degli Stati Uniti d’America: allo stesso modo, l’associazione Fifteen Percent Pledge si impegna a supportare tale percentuale richiedendo alle principali realtà di riservare lo stesso 15% del loro spazio alle attività di proprietà delle persone di colore, in ottica di uguaglianza economica e sociale oltre che di variazione del prodotto. Lo scopo è quello di crescere e imparare in modo collettivo, rivalutando i modelli di business per creare soluzioni sostenibili e multiculturali, dove ogni identità è inclusa e rappresentata:

Facciamo i conti collettivamente con il fatto che per troppo tempo la moda ha cooptato lo stile, l’ispirazione e le idee della cultura nera senza garantire che le persone dietro il lavoro siano adeguatamente compensate.
– Jennifer Hyman, co-fondatrice

Il dibattito sul rapporto tra moda e black culture va tenuto vivo, ora più che mai, e ampliato partendo dalle origini per includere punti di vista che finora non hanno avuto spazio o sono stati coinvolti solo in caso di appropriazione culturale indebita. Per affrontare le disparità razziali e combattere l’omogeneità dell’ambiente bisogna posizionarsi “all’ingresso”: cosi fa Rubric Initiative, un’organizzazione dedicata ad affrontare le barriere del settore lavorativo tramite risorse educative e programmi di tutoraggio. In questo senso, tante sono le iniziative di sensibilizzazione, dai tirocini retribuiti a un costante impegno per un dialogo trasparente su razza, classe e genere. Uno sforzo attivo, incubatore di idee commerciali, arte, cultura, per ribaltare lo status quo e cogliere il cambiamento con la forza delle community.

Inutile dire poi che il cambiamento parte anche da noi e da una maggiore attitudine proattiva alla consapevolezza. Una serie di blog e archivi interessanti potrebbero aiutare per studiare e crearsi una propria cultura. Fashioning The Self è un interessantissimo progetto umanitario digitale che raccoglie immagini e riferimenti alla storia dell’arte e del costume afro, esplorando questioni più ampie riguardo razza, identità ed equità. Oppure Fashion and Race, un database che funge anche da piattaforma educativa, offrendo una roadmap della moda afro con lezioni e risorse diversificate per combattere le “narrazioni dominanti e insensibili” che ancora troppo spesso caratterizzano la comunicazione odierna.