REAMEREI è un progetto tutto italiano nato dall’esigenza di creare una narrazione delle molteplici identità, attraverso delle collezioni nelle quali la distinzione di genere sconfina in maniera impercettibile.

Il brand REAMEREI nasce nel 2019 dall’idea di tre giovani neolaureati: Marzia Geusa, Enrico Micheletto e Davide Meleis dopo gli studi all’Accademia Di Belle Arti decidono di unire le forze per dar vita alla loro idea di estetica, che non si preoccupa della stagionalità della moda e dei tempi di produzione delle collezioni. Il brand, infatti, con i suoi tempi strizza l’occhio all’impatto ambientale anche grazie all’introduzione di materiali rigenerati e/o recuperati.

Alla base del progetto c’è quella che loro stessi definiscono “un’ironica guerra al dimorfismo sessuale”. Un “trip eterotopico” attraverso il quale ci si interroga sul dualismo di genere con il supporto di due macro binomi: tecnologia-natura vs. atomico-anatomico. Immaginate un mondo dove tali dualismi coesistono in maniera armoniosa, dove un’estetica essenziale è perfettamente equilibrata con un decorativismo punk ricco di riferimenti artistici dal cinema e la fotografa alla musica.

Ecco, questo è REAMEREI.

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Courtesy of REAMEREI

Uno specchio ed il nostro riflesso, noi che ci vediamo dove in realtà non siamo, un irreale che in realtà c’è. Un discorso che si può legare anche a luoghi quali cinema, teatri ma anche treni, prigioni, camere d’albergo. L’eterotopia è l’inverso dell’utopia: designa dei luoghi aperti su altri luoghi la cui funzione è quella di far comunicare tra loro degli spazi. Questa è la definizione di Michel Foucault ne “Le parole e le cose. Un’archeologia delle scienze umane” (1963), aggiungendo anche:

“Le utopie consentono le favole e i discorsi: si collocano nel rettifilo del linguaggio, nella dimensione fondamentale della fabula; le eterotopie inaridiscono il discorso, bloccano le parole su se stesse, contestano, fin dalla sua radice, ogni possibilità di grammatica, dipanano i miti e rendono sterile il lirismo delle frasi”.

Articolate in sei principi, le modalità specifiche delle eterotopie sono un discorso che potrebbe sfociare in tesi. Il legame che ci interessa sottolineare in questo contesto è quello del palcoscenico, che divide la realtà nostra dalla scena. In questo modo ricordi e sogni perduti riaffiorano riportando alla luce speranze infantili che sono state distrutte dalla maturità e dalla consapevolezza. Da una parte la vita che ci appartiene, dall’altra un viaggio quotidiano verso un ignoto spesso irraggiungibile.

Così ogni pezzo è progettato come uno strumento narrativo che ha del surrealismo, perché alterato dal sopracitato dualismo reale/irreale: rappresentazioni melanconiche e soggetti veri. Insieme, si fondono tra loro in una situazione che appare quasi sospesa, come un quadro di Magritte.

Make-up esagerato e unghie drama si accostano a gonne ed abiti a rouge dalle fantasie un po’ kitsch un po’ romantiche, con la stessa facilità con la quale capispalla in maglia vengono accompagnati da choker in pelle borchiata o in crêpe stampata. Non mancano i volumi ampi, le spalle enormi e geometriche la fanno da protagoniste insieme agli accessori più grotteschi, a tratti distopici. Ma anche linee più snelle, semplici, vengono esaltate da tessuti morbidi come il velluto e da delicati drappeggi, sempre con una palette colori ben studiata.

Ecco quindi che sul palcoscenico c’è una rinnovata consapevolezza: l’alterazione di forme e volumi funge da valorizzazione del corpo ed enfatizzazione della persona. Il risultato è una nuova libertà di espressione in celebrazione, anche, di una bellezza non convenzionale.