Polartics nasce per muoversi politicamente oltre lo status quo, conservando e nutrendo l’arte africana attraverso un approccio autentico, distanziandosi da qualsiasi appropriazione.

Sono passati più di trent’anni dalla mostra Magiciens De La Terre curata da Jean Hubert Martin nel 1989 al Centre Pompidou, una delle mostre più discusse sull’arte africana contemporanea che ha segnato un momento storico per le relazioni artistiche tra nord e sud del mondo.

Da qui in poi sono emersi molti temi oggetto di riflessione per i decenni successivi sul piano critico e artistico soprattutto rispetto all’approccio di ispirazione/appropriazione che l’arte occidentalocentrica ha avuto con le tradizioni figurative di culture geograficamente distanti.

Nell’ultimo anno l’attenzione riguardo la presenza di opere d’arte legate a gruppi artistici considerati minoritari ha portato alla luce dei dati che rivelano da parte delle istituzioni culturali un atteggiamento che sul fronte dell’inclusione risulta insufficiente. Ad esempio, uno studio riguardante i 18 musei più importanti degli Stati Uniti sottolinea come l’87% delle opere presenti nelle collezioni sia stato realizzato da artisti bianchi, il 9% da artisti asiatici, il 2,8% da artisti ispanici e l’1,2% da artisti afroamericani.

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Ekene Maduka –  Merrily, merrily, merrily, life is but a dream (2020)

Allo stesso modo un episodio come quello avvenuto nell’agosto 2020 riguardo le condizioni di scarsa equità nell’acquisizione delle opere per l’organizzazione della mostra Collective Actions da parte del Whitney Museum non smentisce lo status quo dell’arte contemporanea.

Nel frattempo, però, nel mercato internazionale gli artisti africani stanno prendendo sempre più piede. La prima asta di arte contemporanea africana è stata organizzata da Sotheby’s Londra nel 1999. A dieci anni di distanza un’altra casa d’aste, Bonhams, ha iniziato a lanciare delle aste a tema. Così che da un giro di poche centinaia di migliaia di sterline si è passati a un range di prezzo che viaggia su un ordine superiore al milione per asta. 

C’è una richiesta in costante aumento per opere di arte africana e rispetto a questa crescita ci sono domande da porsi rispetto alle cause. In particolare, se legate a una fascinazione artistica ed estetica, ad un modo per commercializzare un settore emergente o entrambe le cose. 

Delle concause o conseguenze, a seconda del punto di vista, si possono rintracciare anche nelle partecipazioni di artisti africani a manifestazioni del mondo occidentale. A partire dalla Biennale di Venezia per arrivare a esposizioni tematiche dedicate all’Africa, come quelle organizzate dalla Fondazione Cartier di Parigi, Fondazione Vuitton, Art Paris.

Le fiere sono tra le occasioni più importanti del mercato dell’arte e 1:54 Contemporary African Art Fair è la fiera di riferimento per gli appassionati di arte africana contemporanea. Nata nel 2013 a Londra durante la Frieze Week, è organizzata proprio per accrescere la rappresentazione dell’arte africana nel panorama mondiale. Ad oggi la fiera conta diverse edizioni anche a New York, Parigi e Marrakech.

All’ultima 1:54 londinese ha preso parte anche la Galleria Polartics, una online gallery dedicata a giovani artisti e collezionisti africani. Il nome Polartics deriva dalla fusione delle parole “political” e “art”, a comunicare subito il colore militante delle scelte curatoriali: promuovere giovani talenti e creare relazioni all’interno del continente ma soprattutto all’esterno.

Il progetto iniziale aveva la forma di un blog incentrato sulla cultura africana raccontata sotto differenti punti di vista, politico, sociale, culturale. Parlare di arte contemporanea africana significa parlare dell’arte di un continente i cui confini superano il riferimento geografico. Un continente caratterizzato da una storia di continuo movimento verso l’interno e verso l’esterno, dalle conquiste arabe, al colonialismo alla diaspora nera, ma anche dalla rapida crescita delle città.

Questi elementi ci aiutano a comprendere la varietà di identità che compongono un’arte difficilmente circoscrivibile a una definizione univoca di arte africana contemporanea. L’arte promossa da Polartics ha a tutti gli effetti un cuore politico che parla di giovinezza, di identità, di autenticità.

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Courtesy of POLARTICS

Oyinkansola Dada è la fondatrice di questa galleria semi-digitale, che propone mostre online visitabili sul sito, ma anche esposizioni dal vivo con l’allestimento di gallerie pop up principalmente nella città di Lagos. La formula della galleria itinerante da una parte le permette di eliminare i costi di una sede fissa e allo stesso tempo fa sì che si formino spazi creativi sempre diversi, fuori dal comune, rendendo più dinamico il presente delle nuove sfide espositive.

Dada ha terminato i suoi studi in legge al King’s College di Londra e dal 2017 ha mosso i primi passi nel mondo dell’arte. Tornata in Nigeria, con Polartics ha iniziato un percorso per restringere la distanza tra gli artisti africani della nuova generazione e il mercato dell’arte. In tal modo, andando a colmare l’assenza di una figura, slegata dalle gallerie istituzionali, che aiutasse gli artisti a fare rete coinvolgendo anche nuovi collezionisti. 

Quella dei collezionisti è una pagina importante, soprattutto quando si parla di minoranze. In un documentario uscito nel mese di febbraio targato HBO e intitolato Black Art: In the Absence of Light, c’è un’interessante analisi sulla funzione del collezionismo. Soprattutto da parte di personaggi famosi di origine afroamericana che sono diventati collezionisti di arte afroamericana contemporanea. Beyoncé, Jay-Z, P. Diddy, Swizz Beatz sono tra i più grandi collezionisti di opere di artisti neri e questo è un segnale importante, da una parte per la conservazione di un’eredità culturale, dall’altra come messaggio di affermazione nel mondo dell’arte in generale.

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Chukwudubem Ukaigwe – Bore Witness, 2020

L’attività di Dada aspira anche alla creazione di una rete di giovani collezionisti africani che si possano avvicinare al mondo dell’arte. Infatti sulla piattaforma di Polartics è presente anche una sezione shop dove poter acquistare opere a prezzi accessibili.

Polartics coinvolge artisti e collezionisti che appartengono alla stessa generazione, quella dei millennials, esponendo un’arte che parla a e di loro. Sottolineando l’importanza di questa corrispondenza, perché ci sia una piena comprensione della produzione degli artisti che al di fuori di questo contesto possono certamente essere apprezzati a livello estetico ma difficilmente compresi fino in fondo.

Dada va alla ricerca di talenti in giro per il mondo, muovendosi principalmente tra Londra e la Nigeria. La sua è una ricerca di opere che aggirano la tradizione e affrontano temi divisivi come immigrazione, sessualità, femminilità: il punto è trovare una connessione naturale in cui l’arte riesca a creare ponti superando ogni tipo di ostacolo.

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Bunmi Agusto – Distraction, 2020

Infatti la missione di Polartics è quella di diffondere la narrazione dell’arte contemporanea africana nel mondo. In una narrazione che promuova un approccio panafricano nella fruizione e preservazione della cultura, liberandosi del bisogno di misurarne l’impatto in base a una validazione da parte del sistema occidentale. 

Infine la visione di Polartics dà valore alla creazione di connessioni tra i paesi africani, per rimarcare il fatto che la cultura africana non è un prodotto che ricava il proprio valore dall’esportazione, al fine di affermare nuove prospettive che estendano i limiti della propriocezione occidentale.