L’ultimo editoriale di Acre Magazine esplora il potere della creatività attraverso l’intersezione di quattro differenti personalità creative femminili.

Ognuna con il proprio background artistico, si affermano in diversi contesti creativi che comprendono la musica, il design, la moda e la fotografia.
Così le loro identità sono strettamente collegate alle loro passioni nelle quali riescono a catturare molte prospettive e forme di espressioni artistiche, creando un modo di lavorare multidisciplinare.

In fondo, questo è quello che le persone creative fanno da sempre: mescolano pratiche e si dilettano tra i mestieri. Ma solo perché i mondi del design e delle arti si vedono separati l’uno dall’altro non significa che valga lo stesso per i creativi.

Vi presentiamo Lisa, Marilù, Ines e Sofia.
Tutte e quattro giovani talentuose, sono accomunate da un’innata passione per il mondo dell’arte ed è proprio qui che si formano e fanno nascere la loro professione.
Il ruolo che gioca la determinazione è fondamentale, in stretta connessione alla positività e alla responsabilizzazione. Sono proprio le idee che rendono queste giovani creative più determinate ad esprimersi e sentirsi connesse l’una con l’altra.

Tenaci e indipendenti, le abbiamo intervistate per ascoltare le loro storie personali passando attraverso creatività, ispirazioni e progetti. 

Lisa, Product Designer & Co-Founder of This, Unique

Partiamo dall’inizio, raccontaci la tua storia e il tuo background.

Quando mi viene chiesto io domando indietro se si vuole la versione breve o la full version uncut. Versione breve: mia madre è cinese, mio padre siciliano, sono nata all’Isola d’Elba, ci siamo trasferiti spesso per il loro lavoro. Mi sono trasferita a Milano per iniziare il percorso di Laurea in Prodotto Industriale, proseguito con una magistrale e una doppia laurea con l’Università di Beijing, Tsinghua University. Sarei dovuta partire a febbraio 2020 e rimanere un anno e mezzo, per ovvi motivi purtroppo sono rimasta a casa a Milano, procedendo in remoto con l’università cinese. È stato proprio il non partire e avere completamente i piani scombinati il motore per me ad agire in modo reattivo e conseguente: dovevo concentrarmi su nuovi obiettivi, ma prima li dovevo trovare.

Ho lavorato l’estate da Lampoon Magazine come Head of Visual, in cui mi sono introdotta nel contesto editoriale di Milano, creando il mio primo “network”, spinta anche da una disperata mancanza del rapporto sociale. Ho tentato i primi approcci “sfacciati” e ho assistito in Produzione ad alcuni shooting di NSS Magazine. La rete si infittiva sempre di più. 

Ad oggi fai parte del progetto sostenibile e rivoluzionario ‘This, Unique’. Perché nasce e quali sono gli obiettivi del vostro team? 

Nell’ultimo anno sono diventata Chief Product Officer e Co-Founder di This, Unique. Nasciamo per mettere a proprio agio le persone riguardo la naturalezza dei loro corpi, volendo toccare tutti i temi stigmatizzati socialmente. Perché non partire dal ciclo mestruale? Argomento ritenuto scomodo indistintamente dal genere, simbolo di un connotato “femminile” (siamo sostenitori del motto “not all women have periods and not all who have period are women”) represso, ignorato, omesso dal pubblico. Non se ne vuole o non se ne riesce proprio a parlare, crea disagio affrontare l’argomento.

Un disagio che come molti sapranno è altrettanto quando viene vissuto: su lato comunicativo, lato prodotto, comprato per la maggior parte dei casi al supermercato, di plastica, che irrita, oltre che inquinare, e lato modalità, che richiede di andare fisicamente nel negozio ogni mese ed è un’esperienza asettica.

Allora il progetto parte da qui, dal normalizzare il dialogo e migliorare l’esperienza del ciclo avendo cura delle persone con un prodotto in cotone ipoallergenico per la persona e compostabile per l’ambiente, dato che è completamente plastic free. Trattiamo settimanalmente di argomenti esenti da taboo sul nostro magazine Periodica e programmiamo di estendere la nostra linea esclusiva per la cura e il benessere del ciclo.

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Qual è la tua personale definizione di creatività?

Per me creatività significa comunicazione di miei stati, esperienze e riferimenti culturali attraverso molteplici mezzi in modo fruibile a stati, esperienze e riferimenti dei miei interlocutori. Una sintesi di fattori e problematiche preesistenti, elaborate in modo innovativo, non per slanci geniali della persona, ma per una capacità risolutiva innovativa.

Cosa significa per te essere donna nel settore creativo?

Essendo entrati nel programma di accelerazione della LUISS (LVenture) come startup, sto avendo modo di interfacciarmi in un ambiente strettamente legato al Business, non il mio campo iniziale e ambito molto maschile e maschilista. Per questo motivo è importante per me impormi come donna del settore creativo, con il mio metodo, non strettamente analitico e convenzionale, ma deduttivo, olistico e empatico, mostrando come esso porti valore e risultati tangibili e numerici. 

Non posso che ritenermi soddisfatta se posso farlo con un progetto femminile, dedicato alla visibilità delle donne, che risolve un problema di sottorappresentanza utilizzando proprio la creatività.

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Marilù, Textile Designer & Graphic Designer at Hearst

Parlaci un po’ del tuo percorso artistico e background..

Ho sempre fatto l’amore con il mio mondo: adorato ogni forma di arte, design e architettura. Per questo motivo, la scelta di intraprendere i miei primi studi in disegno industriale è stata (quasi) mirata: a differenza di altre facoltà, l’approccio delle università che ho frequentato (il Politecnico di Bari e poi quello di Valencia), mi ha dato la possibilità di toccare più sfere del design.

È per questo motivo che amo la shape di una forchetta di Sottsass così come amo la seduta della Superleggera di Cassina, e nello stesso modo mi emoziona un capo di Iris Van Herpen o mi affascina l’idea di rendere reale un’idea astratta nella mia testa attraverso un software. 

Quando lavoro sulle mie grafiche digitali, mi concentro molto sui colori e le texture dei materiali che posso creare, come posso farli interagire e le matrici che voglio ottenere: è un po’ come lavorare con i filati, non trovate? Ultimamente sto cercando di portare questa idea sui set di moda e progetti simili: l’obiettivo è quello di creare delle vere e proprie grafiche astratte in tessuto e farle diventare parte integrante della scena. 

Al momento sei Graphic Animator e Video Editor per Hearst Magazine, ma la tua passione sono anche i tessuti. Come ti sei avvicinata a questi due mondi e a quale ti senti più vicina? 

Il mondo della Grafica e ciò che ne concerne è stato sempre molto presente nel mio percorso creativo: lo ritengo un mezzo importante ed essenziale per elevare e comunicare qualsiasi creazione o prodotto che realizzo. Con Hearst ho avuto la possibilità di avvicinarmi al mondo del print e in seguito del digital confrontandomi e lavorando per magazines e clienti di grande portata in particolare nel mondo del fashion e dell’interior, maturando ancora di più. 

L’amore per i tessuti è una cosa che mi porto dietro dall’università e che nel mio piccolo cerco di continuare a coltivare grazie a progetti esterni. Ho iniziato a tessere canapa quando avevo vent’anni semplicemente per curiosità e ho chiesto “asilo” (ride) all’unico museo della canapa in Italia sito in un paesino meraviglioso e sperduto dell’Umbria, Sant’Anatolia di Narco. Qui mi hanno accolto e insegnato a tessere su telai enormi di una volta e abbiamo collaborato insieme e progettato dei percorsi sensoriali tessuti in canapa destinati a persone ipovedenti. È stato molto emozionante comprendere come un tessuto o un materiale in generale possano diventare il massimo ponte di emozioni e sensazioni tra prodotto ed essere umano. 
A quale mondo mi sento più vicina? Direi entrambi: sono parte della mia quotidianità e credo fortemente che possano influenzarsi a vicenda, oltre al fatto che mi sento continuamente stimolata e incuriosita da tutte e due le parti.

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Qual è la tua personale definizione di creatività?

Credo che il concetto di creatività possa essere qualcosa di molto astratto e allo stesso tempo molto viscerale e personale. Quando penso al volermi definire una creativa cerco sempre di focalizzare cosa voglio davvero, mi pongo un obiettivo che possa elevarmi. Questo è un pensiero che ha preso forma durante il mio percorso di studi in Industrial Design: prima di essere una creativa, mi sento una designer, e non per sminuire e/o elevare un concetto o l’altro, ma semplicemente perché l’elemento della progettualità è stato fondamentale per definirmi, in seguito, nelle mie creazioni.

Cosa significa per te essere donna nel settore creativo?

Questo è un tema che mi sta molto a cuore sia in quanto donna sia in quanto creativa.
Come in tutti i settori, ritengo che la donna per affermarsi debba far sempre uno sforzo maggiore. Abbiamo raggiunto tantissime conquiste ma ho la sensazione che la nostra voce debba farsi sentire ancora di più!

Ripongo tantissima fiducia nella sensibilità e nell’occhio di noi donne, credo sempre che sia fondamentale far conoscere la nostra “faccia della medaglia” nel settore creativo: abbiamo un’attitude completamente differente da quello dell’uomo e questo dovrebbe essere visto come un’opportunità meravigliosa per avere sempre due strade e due approcci, diversi ma congruenti

Ines, Creative Director, Stylist, Manager & Talent Acquisition at A Better Mistake

Ciao Ines! Raccontaci un pò del tuo background..

Ancora non so riassumere brevemente il mio background ma ci proverò. Innanzitutto sono di Barcellona, ho 24 anni, lavoro come creativa nel mondo del fashion da già 8 anni e vivo a Milano da quasi 3 anni. Mi definisco “fashion creative” in quanto il mio lavoro non ha un nome in specifico; ho studiato Fashion Design ma nella vita ho lavorato come designer, stylist, art director, producer, creative director, content creator, graphic artist.. come tanti “Gen Z” che lavorano nel mondo del fashion (ride).

Da un anno e tuttora sto lavorando per un nuovo brand, A Better Mistake. Un progetto per me molto importante e a cui tengo tanto, nato durante l’inizio della pandemia nel 2020. Non è stato sicuramente facile ma allo stesso tempo si è dimostrato molto stimolante, e io adoro le sfide. 

Nata a Barcellona e based in Milano. Quali influenze hanno avuto queste due diverse realtà sulla tua creatività?

Barcellona e Milano non sono tanto diverse come sembrano. Entrambe sono città molto europee, open-minded e con una forte identità giovane. Direi che la mia creatività non è stata tanto influenzata bensì arricchita da entrambe le città. Barcellona mi dà quella visione avanguardista e fresca, invece Milano mi ha trasmesso di più cultura ed estetica. Sinceramente mi sento molto fortunata a dividere la mia vita tra queste due bellissime città.

Mentre la moda quale impatto sulla tua personalità creativa?

Per me la moda e la creatività vanno di pari passo. La moda è molto più di un canale per esprimere creatività. La mia creatività ha sempre una finalità dentro al mondo della moda, la cosa bella è saper giocare e reinventarsi in modo diverso per esprimere le proprie idee.

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Ad oggi sei parte del team di ‘A Better Mistake’, fashion brand “creativamente disobbediente” (creatively disobedient). Quanto del tuo stile personale si rispecchia nel brand?

Una delle cose che più mi piace di ABM è il team, quello che succede internamente, perché poi si vede riflesso dall’esterno in un modo bellissimo che è la co-creazione. In A Better Mistake, tutti contribuiamo in tutti i sensi, dall’estetica, al prodotto, alla comunicazione… è per questo che in tanti vedono sempre qualcosa di mio nel brand, ma in realtà rispecchia molte anche altre persone del team, e ovviamente il Creative Director Madame_inc

Cosa significa per te essere donna nel settore creativo?

Per me significa poter contribuire con una visione e una voce che forse non ci sarebbe. Per fortuna sono stata circondata durante tutto il mio percorso da donne professionali che mi hanno ispirato e insegnato tanti valori per affrontare la vita con la forza e il coraggio necessari.

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Sofia, aka CCRUEL, music-addicted e parte del collettivo Knick Knack

Rivelaci qualcosa sul tuo background e progetto musicale.

La maturazione del mio gusto artistico sorge inizialmente grazie all’esperienza con Knick Knack, collettivo di cui faccio parte dal 2014, un gruppo di ragazzi creativi e appassionati con l’obiettivo di presentare nel contesto Pugliese suoni nuovi, freschi, appartenenti alla subcultura elettronica, dando vita a feste e festival come Sagra elettronica, che hanno ospitato artisti come Electric Indigo, Stanislav Tolkachev, Ancient Methods, Lee Gamble, Aisha Devi, Arcangelo, membro del collettivo.

Vivere a Milano e aver avuto la fortuna di poter frequentare spazi socio-culturali come Macao, Leoncavallo, Cox-18 – quando ancora era possibile – mi ha consentito poi di venire a conoscenza di un’ancor più vasta gamma di artisti e sfumature del mondo dell’elettronica.

Il primo mix come CCRUEL, “NoLongerAVirgin”, è uscito sul mio canale Soundcloud l’anno scorso, il successivo è uscito per il canale di ISF, Area Audio Ascolto e Ricerca. Il mese scorso è uscito un altro mix sul canale MixCloud del collettivo Bolognese, Undicesimacasa. Adesso c’è qualcosa in cantiere a cui sto lavorando, tra i progetti futuri c’è anche quello di avvicinarmi alle DAW, ma come tutti i progetti richiederà del tempo.

Quando nasce CCRUEL? Quali artisti sono più influenti nella tua musica?

Ccruel nasce nel 2020 dopo tanti anni di ascolto e ricerca. Mi ritengo in primis un’ascoltatrice attenta, il resto è stato una conseguenza. Quella per la musica è una passione che mi accompagna da sempre, la psichedelia dei Pink Floyd e l’opera di Tchaikovsky e Chopin sono i primi ricordi di infanzia legati al sonoro, grazie ai miei genitori, anche loro appassionati.

Negli anni della crescita questo interessamento è rimasto costante, portandomi ad immergermi nella ricerca e nella collezione di vinili, spaziando tra diversi generi. Partendo dal post punk con i Throbbing Gristle, i Joy Division, i Cabaret Voltaire, i Borghesia, i Cure, fino ad arrivare ad esplorare numerose sfumature del movimento elettronico dall’ambient, IDM, glitch, noise, d’n’b, jungle, hardcore, grime, con artisti e gruppi che hanno segnato diversi periodi della mia vita.

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Qual è la tua personale definizione di creatività?

Credo che la creatività sia un bisogno, una forma di evasione, soprattutto in un momento storico come quello che stiamo vivendo. Creare significa dare un output ad un pensiero, è qualcosa di soggettivo, intimo.
Una creazione, di qualsiasi genere essa sia, è del tutto personale, può non piacere a tutti, ma l’atto stesso di creare vuol dire dare forma a qualcosa di nuovo.

Mixare in particolare significa riuscire ad esaltare, ma anche a trasformare linguaggi musicali preesistenti.

Cosa significa per te essere donna nel settore creativo/musicale? 

Essere una donna nel settore creativo e musicale mi fa sentire a mio agio, credo che essere attivi nell’arte non preveda alcuna distinzione di genere; su internet poi, si può fingere di essere qualsiasi cosa.
Potremmo citare tantissime artiste donne che hanno rivoluzionato il mondo della musica, Aretha Franklin, Siouxsie Sioux, Björk, la lista sarebbe lunga.

Anche nell’ambiente dell’elettronica ci sono molte creative femminili, ad esempio Katatonik Silentio, Tadleeh, Caterina Barbieri, bravissime DJ e producers italiane, ma anche figure appartenenti alla comunità LGBTQ+ come Sophie, Genesis P- Orridge, Arca.

In queste settimane il dibattito sul decreto di legge ZAN sta comunque evidenziando delle problematiche che esistono da tempo e che non sono ancora state superate del tutto. Ogni discriminazione di sesso, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità, dovrebbe essere legalmente punita e contrastata a livello sociale. Nell’universo musicale possiamo e dobbiamo muoverci insieme per opporci a questi cliché.

Credits

Art director & Styling: Federica Intraligi

Photographer: Gaia Olga Bianchi

Ass. Photographer: Carlotta Zamboni e Riccardo Montanari

Editorial design: Federica Borghesio 

Make up artist: Giulia Panaro

Clothes courtesy of PWC