R.O.M. – Ready Out Made è l‘ultimo progetto che vede impegnato l’artista in un’operazione di sovversione delle dinamiche espositive e creative dell’arte contemporanea.

“L’inatteso ci sorprende. Il fatto è che ci siamo installati con troppa sicurezza nelle nostre teorie e nelle nostre idee, e che queste non hanno alcuna struttura di accoglienza per il nuovo”.

Ma il nuovo spunta continuamente. Non possiamo mai prevedere il modo in cui si presenterà, ma dobbiamo aspettarci la sua venuta,  cioè attenderci l’inatteso. E, una volta giunto l’inatteso, si dovrà essere capaci di rivedere le nostre teorie e idee più che sforzarsi a far entrare con il forcipe il nuovo nella teoria, incapace di accoglierla veramente.

Da questa premessa possiamo prepararci ad affrontare il lungo viaggio verso la decostruzione della nostra identità. La cultura occidentale vive una delle pagine di Storia più dolorosa di tutti i tempi: il Post-moderno o come, generalmente la definisco, l’epoca del Re-post. L’epoca del Re-post sarà ricordata come il momento di perdita della creatività, ed ecco allora che c’è la corsa alla reinterpretazione di ciò che già è stato fatto, detto o sentito.

Re-ady made, Re-ady Out Made (R.O.M) sono le parole chiave da tenere a mente durante questo percorso di decostruzione delle false verità.

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Courtesy of Nicola Tineo

Un’idea o una teoria non dovrebbe nè essere puramente strumentalizzate, nè imporre i suoi verdetti in maniera autoritaria; esse dovrebbero essere addomesticate e relativizzate. Ed è da questa relativizzazione che proviene dall’iperuranio creativo, il progetto R.O.M – Ready out made, è cioè un’istanza di possibilità, in un mondo contemporaneo contaminato dalla corruzione intellettuale.

C’è stato un momento nella storia dell’arte del secolo scorso in cui ci siamo giocati l’eterno e l’immortale per la paura dell’inatteso. Siamo nel 1917 e Marcel Duchamp, sdoganando tutto il sapere faticosamente costruito dagli uomini, decise di censurare quel dittatoriale sistema di inganni capace di decidere vita e morte della natura umana. Seppellendo brutalmente la sensibilità dell’essere e sposando una torre di babele i cui abitanti, brindavano e mangiavano alla corte degli assassini dell’evoluzione artistica contemporanea.

Marcel Duchamp lo sapeva e l’atto stesso di sfidare un sistema del genere ha aperto, con molta violenza, la porta tra gli immortali e la gente comune. L’idea era questa: Cosa succede se piego tutti voi alla mia volontà, costringendovi a recepire un’opera d’arte ciò che di fatto è l’oggetto in cui urinate?  Alla lunga si potrebbe azzardare è affermare che “il nostro piscio è la nostra arte”.

Questa è la rivoluzione del ready made, una sorta di cotto e mangiato che oltrepassa il sistema baronale curatoriale che costringe a sederci alla tavola dei grandi del sapere, inscenando la più barbara delle parti. Da una parte i curatori, da un’altra i galleristi, poi certo a capotavola i compratori con le loro concubine: Gli artisti. Quelli di buona famiglia. Quelli che si comportano bene e che indossano scarpe con tacco alle inaugurazioni.

E allora la domanda che qualcuno si è posto è questa: e se portassimo il discorso fuori? Se sposassimo l’inatteso e facessimo delle teorie dei nostri padri e madri vangelo delle nostre azioni?
Cosa succede se applico un’etichetta a un palo della luce e decido in quel momento, che la luce di quel lampione necessita di divenire oggetto di contemplazione perché, semplicemente, l’ho deciso io? Se Caravaggio ha costretto numerose generazioni a vedere la Madonna nel volto di una prostituta, noi possiamo vedere Dio nella luce di un lampione.

Ed è questa considerazione alla base del progetto di Nico Tineo.  L’oggetto resta nella sua dimensione “pubblica” non c’è bisogno di intercessione da parte di alcuno, costringendoci a dimenticare per un attimo il nostro ruolo nella società, tornando semplicemente umani, siamo costretti a guardare in faccia la realtà tramite un oggetto qualsiasi. Mica male vero? Certo non è sempre piacevole scoprire chi siamo davanti ad un oggetto decontestualizzato.

Potremmo addirittura scoprire noi stessi.  Ma ciò che Nico fa è chiedere di abbandonarci all’impeto della passione ed accettare, naturalmente, ciò che ci viene incontro, abbattendo l’ideale criterio estetico dell’arte e abbracciando la possibilità di un nuovo sguardo. Lenin ha detto che “i fatti” sono testardi.
Il progetto R.O.M sottolinea la sentita necessità di trascinare fuori dalle mura baronali della gerarchia artistica la pomposa deità oggettuale, mettendoci di fronte ad una realtà, la nostra.

L’obiettivo principale del progetto R.O.M è quello di riorganizzare lo spazio espositivo partendo dalla riflessione sul ready-made Duchampiano, portando il concetto di decontestualizzazione da dentro a fuori, garantendo un prodotto “Già pronto” per l’uso contemplativo. Mirando alla decostruzione della deicità artistica, reinterpretandoli e restituendoli alla propria natura, portando all’attenzione l’importanza che risiede non tanto nella materialità quanto nell’uso contemplativo che facciamo di essa.

Così facendo ogni oggetto diventa una possibilità di riflessione quotidiana che, comportandosi come fonte di ispirazione, spinge chi crea ad una nuova visione della realtà, costruita secondo nuovi ideali espositivi. R.O.M tenta di modificare la natura stessa dello sguardo sul mondo e sull’arte, ponendosi in contrapposizione con l’accademica interpretazione del sentire artistico.

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Courtesy of Nicola Tineo

L’arte non ha bisogno di essere civilizzata da alcuno, ciò che bisogna fare è liberarla dallo stato di oppressione quotidiana che il sistema baronale odierno tenta di dominare. L’intuizione di Nico Tineo risiede nella volontà di restituire al pubblico il privato, democratizzando la fruizione stessa dello sguardo contemplativo artistico.
R.O.M è intorno a noi, basta stare attenti a dove guardare!

L’intervento di modellazione artistica avviene tramite l’applicazione di una targhetta accanto ad un oggetto qualsiasi che riporta un titolo decontestualizzato rispetto alla visione dell’oggetto stesso. Ed è così che un Ombrellone da bar si veste di virtù rinascimentali, richiamando il panneggio sapientemente modellato di un’opera di Andrea Mantegna. La grande critica rivolta al sistema dell’arte imprenditoriale, mira alla decostruzione di un certo tipo di presentare l’arte. Troppo spesso la privatizzazione del sensibile umano ha estromesso le comunità avvalendosi del diritto monetario.

Questo sistema espositivo ha alimentato nei secoli la divisioni in classe sensibili: quelli che riconoscono l’arte e siedono nell’Olimpo fittizio del sapere e coloro che non hanno potuto godere delle beltà reinterpretate dal dato umano. R.O.M libera il sistema espositivo delle reliquie del nulla, rivitalizzando e smuovendo la coscienza dell’amore in tutti coloro che accettano di abbracciare un nuovo sguardo sul mondo.

E se è vero che spaventa decostruire ciò che apparentemente risulta idoneo al nostro modo di vivere, per svincolarsi dall’imposizione visiva, aprire la porta all’inatteso diventa dovere morale ed etico!