Calcúra è un editorial visual journey attraverso la Sardegna: tramite una serie di conversazioni e racconti fotografici Acre ha creato un percorso showcase della scena creativa sarda.
Diverse sono state le voci che si sono raccontate, e ognuna di esse rappresenta un intreccio, una radice nel terreno che crea mondi intimi che aspettano solo di essere scoperti.

Studiovertice, è un progetto che nasce e cresce in Sardegna per diventare il punto d’incontro in cui artigianalità e design creano storie e visioni uniche. Abbiamo così intervistato per Calcúra, Mauro Ballette, owner e designer del brand nel suo atelier/ boutique situato a Cagliari, nelle vie del quartiere Villanova.

Raccontaci di dove sei e come hai dato il via al progetto di Studiovertice.

Sono di Oristano, sono sardo e mi sono imposto di fare diventare completamente sardo anche il progetto di Studiovertice, che è nato qua a Cagliari, ma dopo quasi 10 anni di vita sia professionale e personale a Milano. Il progetto quindi deriva da tutte quelle influenze che io ho ritrovato fuori dall’isola, nel contesto dell’industria, nel quale io mi sono formato.

Perché hai deciso di ritornare in Sardegna e avviare proprio qui il progetto?

Ritornare in Sardegna è stata più che altro una necessità. Le passioni ti portano dove possono attecchire, come ad esempio in una città come Milano che ti può offrire prima un’istruzione, poi delle offerte lavorative. Ho sentito però di non essere nel posto giusto e di dovermi ridirigere verso casa

E perché a Cagliari?

Stabilirmi nuovamente a Cagliari è parsa quasi come una scelta obbligata. Cagliari è una città che si muove e all’interno della stessa si muovono tantissime persone, è un porto, un aeroporto, il capoluogo della regione. Così ho cercato di trovare un contesto simile a quello in cui sono cresciuto professionalmente, un posto dove le persone passano e si muovono.

Anche la mia idea di stabilire un progetto in questo contesto, sia in riferimento alla città che allo spazio del negozio, volevo raccontasse anche un po’ di storia. Lo spazio che ospita la boutique di Studiovertice infatti non ha subito grandi modifiche perché si è adattato perfettamente alla mia idea di studio. C’è una parte espositiva dedicata alla vendita dei prodotti che realizzo e la parte che ospita il lato più progettuale dei miei capi.

La fortuna ha voluto che ci fosse una bellissima porta antica in legno e vetri che mi permettesse di dividere le due parti creando però un tutt’uno. Così le persone riescono a vedere le due parti come unite e possono osservare come realizziamo i capi. 

studiovertice sardegna brand collezione
Courtesy of Studiovertice

Vertice, Studiovertice: qual è il significato di questo nome?

L’idea di Studiovertice è quella di riunire in un concetto la ricerca e l’evoluzione delle tendenze che portano nuove ispirazioni. Queste vengono affiancate dall’artigianalitá nella realizzazione dei capi che sono in quantità limitata. Si tratta di un’ accortezza nella realizzazione e quindi “Vertice” non come punto più alto ma come punto d’incontro nella loro creazione artigianale e nella ricerca di una tendenza. Tendenza non limitata e che si distacca anche in parte da quell’idea dell’artigianalità come qualcosa di fatto bene ma sempre uguale. 

Ho voluto distanziarmi da quell’idea di artigianalità che fosse un attaccamento esclusivo alla Sardegna che qui è fortissimo e si può connotare con alcune cose. Invece l’ho voluto accostare come concetto a qualcosa, a dei prodotti, che un sardo non si aspetta affiancandolo a un concetto di artigianale

Sei l’unica persona che crea e vende le collezioni? 

Mi preoccupo della progettazione e della realizzazione stessa oltreché dei prototipi e dei capi definitivi. Mi occupo fondamentalmente io di tutto perché l’unica persona che lavora qui. Ci sono tantissimi amici che mi danno una mano oltreché di supporto che materiale per tante altre cose che non sono di contorno.

Come la comunicazione di quello che io faccio, quindi foto e video, il che mi aiuta a sconfinare da questo spazio fisico. Perché l’obiettivo è uscire fuori: per farlo servono tutti quei contenuti che poi vanno sui social e tracciano una linea di quello che sto cercando di fare qui.

Che tipo di ambiente creativo hai ritrovato in Sardegna? 

Sicuramente la Sardegna ti dà un sacco di input. Qui abbiamo una fortissima tradizione tessile e artigianale, ma credo che quello che realizzo sia influenzato dalle persone che entrano in contatto con me e il progetto. Sono poi queste persone, forse più di tutte le altre cose che creano una ispirazione stessa per tutto ciò che esce fuori da Studiovertice. È deleterio lavorare da soli senza che nessuno venga a scardinare il tuo ordine di giornata lavorativa e personale. 

Sono quindi forse più le persone che ti influenzano, anziché una tradizione che comunque fa parte di te…perché sei sardo, vivi in Sardegna e sfido chiunque a non essere intaccato in tutto ciò. Sono delle influenze che non intaccano direttamente quello che faccio ma ci sono.

Com’è nata la tua ultima collezione? Qual è il pensiero che l’accompagna? 

Continuo a presentarle come collezioni ma man mano che passa il tempo è necessario andare oltre per seguire una filosofia. Mentre per le tempistiche il non allinearmi a quel che sono delle collezioni stagionali. Vorrei col passare del tempo che ci fossero degli abiti nuovi, nuovi progetti che non rispettano fedelmente la stagionalità. Ogni collezione non sparisce in sei mesi dalla sua realizzazione ma rimane una introduzione a quella successiva. Sono delle collezioni che si integrano tra di loro.

La necessità questo anno è stata dare una sensazione di estate con i tessuti da camiceria, che solitamente si usano per le camicie da uomo, riportandoli su abiti, gonne, bralette. Poi c’è una capsule realizzata in collaborazione con Paulina Herrera Letelier. E’ stata presentata con la mia ultima collezione, la prima di tante invasioni di altri designer come Paulina, che è oltretutto architetto e designer

All’interno di questa piccola capsule ci sono tanti materiali della tessitura artigianale di scarto, materiali serviti per delle prove. Per noi diventano una cosa bellissima perché si tratta di pannelli al telaio con tentativi di inserimento di trame e orditi che tradizionalmente non faresti.

Infatti chi lavora alla realizzazione dei tappeti li ha scartati mentre qui li abbiamo inseriti quasi come la caratteristica principale di ogni capo. Ne sono derivati alcuni pezzi, alcuni semplici e altri più complessi fino ad arrivare alla costruzione di una stampa. Sono pannelli realizzati da un’azienda che si occupa di produrre tappeti, Mariantonia Urru

E nel futuro? Come evolverà Studiovertice?

Il futuro per il momento lascio si evolva come sta già facendo. L’obiettivo era creare un luogo di incontro dove progettisti e designer condividano la mia stessa filosofia per realizzare dei progetti insieme. Questo sta succedendo, quindi uno degli obiettivi è già stato raggiunto anche se non rappresenta un punto di arrivo ma di inizio..

Vorrei che continuasse così: Studiovertice non rimanga associabile solo a se stesso ma a quella che è una collaborazione possibile con tanti altri designer.