Calcúra è un editorial visual journey attraverso la Sardegna. Tramite una serie di conversazioni e racconti fotografici Acre ha creato un percorso showcase della scena creativa sarda.
Diverse sono state le voci che si sono raccontate.
Ognuna di esse rappresenta un intreccio, una radice nel terreno che crea mondi intimi che aspettano solo di essere scoperti.

Cantautrice e producer sarda con base a Londra, Chiara Floris in arte BLUEM, rivive la sua terra e i ricordi che la legano ad essa in un racconto musicale che crea un universo nostalgico, evocativo e avvolgente. Nasce così BLUEM, il cui nome prende ispirazione dal titolo del celebre jazz standard cantato da Billy Holiday, Blue Moon e con il quale Chiara ci accompagna a percorrere sound unici, testi personali e melodie tanto minimali quanto intense. L’abbiamo intervistata lo scorso agosto durante il nostro viaggio in Sardegna X Calcùra.

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Courtesy of BLUEM

Raccontaci chi sei e come è nato il progetto BLUEM.

Sono BLUEM. Si tratta di un progetto che inizialmente era in inglese e ho iniziato a scrivere canzoni dalla fine del 2018. Avevo cominciato a fare un po’ di ricerca anche dal punto di vista sonoro, di contenuti, anche perché era un periodo in cui sentivo un po’ di nostalgia nei confronti della mia terra, la Sardegna. Ho deciso quindi di fare un progetto che musicalmente riflettesse quello che stavo vivendo in quel momento qui a Londra, precisamente in questa stanza e parallelamente ho iniziato a pensare a tutto ciò che mi mancava della Sardegna e che volevo utilizzare per essere rappresentata. 

A partire da ciò che ci hai raccontato, ti va dirci com’è nata la tua passione per la musica? E per le altre arti? Sappiamo dalla tua formazione che sei un’appassionata di cinema e se si pensa a Notte, la componente fotografica e visiva risulta molto forte.

Allora, mi sono avvicinata alla musica quando ero bambina, avevo 8 anni e ho iniziato un corso di chitarra classica. Ho continuato fino al liceo, convinta di essere una chitarrista, anzi fino ai primi due anni di università credevo che quella fosse la mia strada. 

In seguito infatti mi sono trasferita qui a Londra per studiare e laurearmi come chitarrista jazz per fare la session musician, che se ci penso ora è qualcosa probabilmente non sarei mai riuscita a fare. Mi sono poi resa conto che volevo tirare fuori delle cose mie, dei progetti, e che il mio interesse non si limitava alla musica nel creare. In particolare volevo cantare, ma ero molto timida e non volevo ammettere a me stessa la cosa che io desideravo fare. Quando poi ho preso coraggio, iscrivendomi ad Av Sync, musica per audiovisivi, quindi musica per il cinema. Da qui viene la motivazione per cui sono così legata alla musica per film e all’arte del video in generale. 

bluem calcura
Courtesy of BLUEM

Ho poi iniziato anche il mio progetto, ho conosciuto anche il ragazzo che ha prodotto Notte con me, Simone d’Avenia. Ho iniziato a tirar fuori le prime canzoni del progetto che erano in inglese, non queste in Italiano, e da lì una cosa tira l’altra sono arrivata a questo. 

In realtà la fotografia è qualcosa di cui sono sempre stata molto appassionata. Mia sorella è fotografa ed è anche produttrice cinematografica, fa animazione. Sono anche finita a lavorare qui a Londra alla The Photographers Gallery di Soho. Ho avuto l’occasione di vedere tutta la fotografia che passava di qui. Inoltre ho anche assistito alcuni fotografi quando ce n’era bisogno e questo mi ha anche permesso di fare ancor di più conoscenza di questo mondo. 

Lì inoltre ho avuto la possibilità di conoscere la persona che ha scattato le foto dell’album di Notte, ovvero Jasmine Färling, una ragazza finlandese che lavorava con me al bar della galleria. E’ anche una fotografa professionista bravissima ed è venuta con me in Sardegna per scattare delle foto nate da alcuni sketch che avevo prima disegnato. Non ho fatto altro che ricordare i posti che mi sono più cari e che mi fanno stare bene mentre ero qua a Londra.

Quelli delle foto sono infatti luoghi legati alla mia famiglia, luoghi che conosco alla perfezione. Infatti ho disegnato le foto una per una prima di realizzarle perché sapevo benissimo dove sarei andata e come le avrei fatte.
Io includo tutto, che sia disegno, moda, video, foto. Includo tutta l’arte: sono molto contraria a una visione del tipo ‘vedo solo musica, faccio solo musica’, sarebbe noiosissimo e ti limita anche molto come stato mentale. 

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Courtesy of BLUEM

Ti volevamo chiedere a questo proposito, del tuo rapporto con la Sardegna  e di come questo abbia potuto influenzare Notte, in particolare nella relazione che intercorre tra parte visuale e musicale del progetto.

A me sorprende sempre tanto quando le persone vedono questa coerenza, questa sorta di cerchio chiuso tra parte visiva e parte musicale, perché avevo il timore che non si riuscisse a vedere come una cosa unica. Era un pensiero stupidissimo se ci penso adesso, perché comunque quello che ho fatto unendo la parte musicale con quella visiva non è altro che rappresentare in toto la mia persona

Sono cresciuta qua musicalmente, in questo caso l’ho cantata in italiano ed è estremamente internazionale da un punto di vista di influenze. Sono sarda e estremamente legata alla mia terra, spesso molto nostalgica e quindi ho voluto portare questi sentimenti nella parte visiva. L’anello che li unisce per me è la canzone in cui parla mia nonna ovvero Venerdì, ho sentito di aver messo una chiusura tra questi due progetti che alla fine sono la stessa cosa. Diciamo che nel momento in cui ho finito di scrivere le canzoni, alla fine di quella settimana, non avevo pensato ma solamente sentito, agito.

Avevo bisogno di tirare fuori delle cose, un nuovo progetto perché erano un paio d’anni che non riuscivo a scrivere niente. Quando ho finito però ho iniziato ad avere dei pensieri e delle immagini in testa, mi succede automaticamente quando ho una canzone o faccio qualcosa di creativo. Le immagini per me sono profondamente legate a qualsiasi cosa faccia. 

Tra l’altro in camera mia tengo dei piccoli cimeli della Sardegna, e sono qui dietro di me: delle cartoline di donne in costume, rose della Sartiglia, la maschera di su Componidori. Tutte queste cose le tengo qua per mantenere il legame con la Sardegna e per aiutarmi un po’ con la nostalgia, nonostante io sia a Londra da sette anni e stia anche relativamente bene qui.

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Courtesy of BLUEM

Ascoltando Notte si entra subito in una dimensione molto raccolta ed intima. Ti va di darci una definizione di intimità?

Per me è difficile dare una mia definizione di intimità e capisco che le persone quando lo ascoltano si trovino nella stessa situazione in cui io ho fatto il disco. Ero in questa stanza da sola, nell’appartamento ero rimasta da sola. Per me l’intimità può essere legata alla parola ricerca, alla ricerca dentro di sé. E’ quello che ho fatto in quei giorni e ciò che succede se si rimane un attimo in solitudine e si ragiona su quello che sta succedendo nella propria vita. 

Per me si tratta davvero di mettere in pausa ed entrare dentro se stessi, perché la maggior parte del tempo in cui lavoriamo e facciamo altre cose non siamo in noi, ci stiamo sempre relazionando al mondo circostante e quindi è un modo diverso di vivere e di percepirsi. Quando invece ti fermi e ragioni e cerchi di tirare fuori qualcosa, sei in un altro stato e sei in uno stato effettivamente di intimità con te stesso. Questo è quello che ho fatto io in quei giorni, era diventata una necessità. Poter permettere anche ad altre persone di entrare nello spazio che avevo creato era una cosa che temevo ma che poi mi ha dato tanto.

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Courtesy of BLUEM

Sempre riferito alla questione intimità, è venuto spontaneo dato che hai fatto un disco in italiano venendo da brani in inglese, portare il concetto di casa e di Sardegna?

Forse si, è venuto tutto insieme perché essendo nostalgica ho anche fatto un progetto visivo tutto legato alla Sardegna e ho deciso di tornare alla mia lingua madre anziché scrivere in inglese. Questo è il legame tra le due cose, la nostalgia e poi il fatto che sia rimasto più così essenziale anche nel suono. E’ stata una scelta perché ho fatto il disco dove il suono era rimasto all’essenziale. Facendo un brano al giorno non si potevano fare altri arrangiamenti, era già tanto tirar fuori da un solo giorno un pezzo intero.

Quando poi sono andata a fare la post produzione con Simone, abbiamo provato ad aggiungere un po’ di cose, anche perché essendo estremamente autocritica pensavo “bisogna fare di più”. Alla fine però pochissime cose sono state aggiunte e penso che sia proprio per il modo in cui è capitato. Se fossi andata a cambiarlo molto l’avrei snaturato, non sarebbe più stato lo stesso e la gente non l’avrebbe percepito più come una cosa così intima.

Come ti sta facendo sentire il portare fuori il progetto davanti a tante altre persone? 

Io rimango terrorizzata dal live show perché sono una persona introversa, abbastanza timida. Però sono anche molto contenta di farlo, accetto molto volentieri di uscire dalla comfort zone. Abbiamo provato tanto insieme a Simone. Abbiamo preparato qualcosa che porta anche di più nel progetto, perché nel live sono anche inclusi dei discorsi in sardo e in italiano, detti da persone sarde, sulla Sardegna e sulla vita che ho ripreso dal documentario Isole di mia sorella, uscito qualche anno fa.

Ci sono quindi queste parti in cui si possono sentire i discorsi e noi suoniamo, facendo da intermezzo tra un brano e l’altro, oltre a portare anche una cover in inglese. Sono contenta del set anche perché con i tempi che avevamo abbiamo fatto un gran bel lavoro. Quando siamo arrivati in Sardegna e abbiamo suonato per Abbabula è stato molto emozionante. Molte persone mi hanno detto di essere in una sorta di trance mentre suonavamo, anche se non so mai se è una cosa buona o meno (ride). L’importante è suscitare qualcosa e che questo qualcosa sia positivo.