“Quand’ero piccola, per necessità, frequentavo una scuola religiosa. A volte capitava che le suore telefonassero preoccupate a mia mamma dicendo che disegnavo corpi nudi, peni in erezione e vulve. Oggi non so per quale motivo lo facessi, ma la cosa mi divertiva perché sapevo che non era nulla di sbagliato (…). Il corpo e la sessualità sono sempre state delle costanti della mia vita” 

Occhi profondi e sorriso grande, Alice Capelli (classe 1997) è un’artista visiva nata e cresciuta a Milano. 

La conosciamo in videocall a maggio 2022, dopo un curioso malinteso. 

Il giorno dell’appuntamento, poco prima dell’orario prefissato, succede infatti che Alice ci invia il suo indirizzo di casa, sicura che l’incontro si sarebbe svolto di persona. In quel momento è diventato chiaro quanto, per lei, il contatto fisico sia davvero una priorità naturale e irrinunciabile. 

ACRE presenta qui la sua intervista, un dialogo che permette di conoscerla e di avvicinarsi al suo mondo; ma, che a differenza della prima volta, avviene senza incomprensioni perché ci ritroviamo faccia a faccia nella sua casa-studio di Milano. 

Chi è Alice Capelli? 

Delicatezza e irruenza, sensualità e rigidità, giorno e notte, sono opposti che in Alice Capelli coabitano. 

“Non mi riconosco in alcun schematismo precostituito, né artisticamente né personalmente, e quindi ho difficoltà a trovare una risposta a questa domanda. Credo però che ciò che mi identifica sia la trasparenza. Le artiste e gli  artisti in genere concentrano il loro lavoro intorno al mistero; per me è diverso. Non ritengo che i miei lavori siano immediatamente leggibili ma, allo stesso tempo, credo siano trasparenti”. 

Immortalare impronte di corpi, memorie di contatti fisici e di atti sessuali, per Alice Capelli, diventa la maniera trasparente di raccontarsi e di raccontare la realtà che la circonda. 

Come definiresti quello che fai? E come nascono i tuoi lavori? 

I lavori di Alice derivano da una costante indagine identitaria. Una ricerca che esprime con un linguaggio prettamente pittorico e che mai offre letture definitive: Il mio lavoro è in gran parte introspettivo, concepisco un processo che parte dal mio corpo ma che poi, toccando il tema dell’identità, si allarga abbracciando ogni persona

Alice non si ritiene un’artista astratta, e nemmeno un’artista figurativa, ma a livello compositivo, seppur non ragioni per simbologie, propone forme chiaramente richiamanti due immagini: gambe e seni: “Vedo le gambe come il mezzo con cui ci si muove e si arriva alla conoscenza; e il seno, che convenzionalmente è legato alla maternità, come principio di vita (…) Quest’ultimo, inoltre, lo presento poiché sin dall’infanzia lo vivo come una debolezza. Il seno mi riconduce a discriminazioni di espressione e di genere, temi che da sempre tratto e di cui sostengo un nuovo approccio educativo”.

Tra Alice e ciò su cui agisce germoglia una simbiosi corporea di cui fino alla fine, mai ne può prevedere l’evoluzione: le mie opere nascono da un’energia analoga a quella che si sprigiona in un rapporto sessuale, fino alla fine non so mai come andrà”. 

Che valore ha il corpo per te, e che importanza ha nei tuoi lavori? 

“Quello che presento nei miei lavori sono dei resti, sì dei resti. È come quando, dopo l’ora del sonno, si depositano sulle lenzuola pelle morta, sudore e capelli”

Alice non fa del corpo una questione poetica, non ricama narrazioni fittizie intorno a ciò che racconta: “Io sono così, terra a terra, mi interessa la realtà senza filtri (…) tutto nei miei lavori riporta al corpo; lo percepisco il come mezzo dimostrativo del proprio passaggio. Come ciò che permette di collocarsi in un qui e in un’ora, ma che non può sottostare a schematismi chiusi”. 

Quando parla del seno, non guarda ai simbolismi ad esso associabili, ma lo analizza considerandolo per ciò che è: “una semplice parte di corpo, che si usa come una qualunque altra”. 

Alice è consapevole che il verbo “usare” e il tipo di lettura che propone del corpo, possano risultare fraintendibili. Per questo lavora con bambine, bambini e adolescenti per promuovere il tema nelle scuole: “tutto inizia nell’infanzia; fornire una corretta educazione è il primo passo verso il cambiamento”

Ti è mai capitato che qualcuno criticasse le tue scelte espressive? 

“Nel mondo delle istituzioni molte volte mi viene chiesto perché decida di usare il corpo: “in questo modo viene prima il tuo corpo che il tuo lavoro”, è l’accusa che frequentemente viene mossa contro questa mia scelta (…). 

Per di più, criticano anche il fatto che non rispecchi i canoni del mercato”. 

Nasce allora proprio qui, dal pregiudizio verso l’utilizzo del corpo, la volontà di Alice a perseverare nella sua proposta

“Uso il Corpo poiché lo reputo un medium espressivo; non posso chiedergli di non apparire come tale, è inevitabile che dai miei lavori traspaia fisicità e sensualità, ma questo non deve essere un problema”. 

Alice sa che porre sullo stesso piano un braccio e un seno sia un’operazione complessa poiché, ad una lettura superficiale, può sembrare un gesto narcisistico e autoreferenziale; ma spera che questa sua concezione democratica possa diventare sempre meno utopistica: “credo che prima di inveire contro i lavori che parlano del Corpo, e con il Corpo, sia fondamentale analizzare la poetica attraverso cui esso è messo in gioco”. 

Corpo trasparente in conversazione con Alice Capelli
Courtesy of Alice Capelli
Qual è la ragione per la quale presenti il tuo corpo nei lavori? ti reputi un’attivista? 

“Non mi ritengo un’attivista ma riconosco che la mia arte sia schierata a livello politico. Ci sono molteplici questioni, appartenenti alla nostra società, che non condivido e che sfociano in lavori come “Nota di addestramento”: una performance durante la quale mi muovo nella città di Milano, vestendo una calza a maglia color pelle, segnata sul pube e sul seno, e una corda attorcigliata alle caviglie”

Una performance provocatoria che a causa delle reazioni ostili delle persone: “ha rimarcato come il sistema all’interno del quale viviamo non riesca ad evolversi, e come anzi si stia sempre più lacerando”. 

Come proponi il tema del corpo allo spettatore? e da cosa nasce il bisogno di adottare così prepotentemente questo linguaggio? 

“La linea che separa ciò che è educare da ciò che é violentare chi osserva un’opera è sottile”.

Data la mentalità comune ritenente l’esplicita messa in mostra del corpo come sbagliata e volgare, Alice sceglie di esprimere la nudità, fisica e mentale, attraverso un linguaggio delicato ma evidente, aperto: “Il mettermi a nudo diventa il grido che esorta al bisogno di normalizzazione del corpo. Sin dall’infanzia insegnano cosa è giusto fare e cosa no. Oggi mi chiedo: “chi può imporre delle norme sullo sviluppo identitario e sull’espressione del corpo?” (…) la mia arte vuole sensibilizzare intorno a stereotipi che ancora troppo sono elevati a legge universale”. 

Un altro aspetto fondamentale nei confronti di chi guarda le opere di Alice sono i titoli: “Seppur non utilizzi nomi propri ma modi di dire e frasi comuni, spesso anche ribaltando i significati, li ritengo essenziali perché rappresentano il nome e il cognome di ciò che prende vita. Il titolo verbalizza la loro identità, consentendo ad ogni lavoro di essere riconosciuto in quanto elemento autonomo”

Corpo trasparente in conversazione con Alice Capelli
Courtesy of Alice Capelli
Qual è stato il tuo ultimo  progetto? 

Durante la prima settimana di settembre 2022 Alice ha partecipato a LUST*ART. Una mostra collettiva avente come tema la Queerness, alla Durchgang Galerie di Basilea.

“’Strappami la buccia’ è il titolo della performance che ho proposto per l’evento. Il fatto di essere live ha creato coinvolgimento emotivo e vividezza. Trasparenza”

All’interno dello spazio la performance si è articolata intorno a  più medium: “Da alcune pareti sgorgano frammenti di un’emulsione acrilica, che solitamente utilizzo nei miei lavori, e che solidificando sul mio corpo nudo, diventa una seconda pelle. 

Sono loro, i resti della performance che, in dialogo con il quadro “Se mi apri cosa trovi”, permettono al processo di maturare l’intera installazione”. 

Hai dei riferimenti artistici? Se sì quali sono? 

“Uno dei miei maestri è Francesco Gennari con lui condivido la concezione dei lavori poiché, come me, lavora introspettivamente. Carol Rama e Hannah Wilke sono due pilastri a cui guardo molto. Pittoricamente stimo Schifano degli anni Sessanta, e Campigli. Mentre sulla scena contemporanea i miei riferimenti sono Zoe Williams, Rebecca Ackroyd, Cecily Brown. di cui ammiro l’energia e l’attitudine espressiva”.